Isole Minori di Lorenza Pieri

Isole Minori di Lorenza Pieri

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 [Isole Minori e’ il libro letto da ParoLab nel mese di giugno]

Di Vittorio Felaco

John Dunne, nelle sue meditazioni, Devotions upon Emergent Occasions ci informa che nessun uomo è un’isola, “No man is an island” cioè nessuna isola ci può separare dal resto del mondo.

No man is an Iland, intire of itselfe; every man

is a peece of the Continent, a part of the maine;

if a Clod bee washed away by the Sea, Europe

is the lesse, as well as if a Promontorie were, as

well as if a Manor of thy friends or of thine

owne were; any mans death diminishes me,

because I am involved in Mankinde;

And therefore never send to know for whom

the bell tolls; It tolls for thee.

 

MEDITATION XVII

Devotions upon Emergent Occasions

John Donne
13413093_10154925972617598_3306935551927600497_nNelle Isole minori, la nostra autrice capovolge l’idea e ci porta a far distinzione fra coloro che nel nostro immaginario si possono definire “isole” e cioè persone che vivono le loro insicurezze personali e intrattengono dubbi contro chi invece rappresenta un intero “continente” in virtù delle sue certezze, del suo senso di sicurezza e resilienza.

Teresa, la voce narrante del romanzo, si sente offuscata dalla sorella maggiore, Caterina. “L’ubbidienza al suo volere era l’unico modo in cui potevo dimostrare la mia gratitudine. Caterina il sole, io nella sua ombra. Caterina che piange di rabbia, io che rido per niente. Caterina e le sue storie, io il suo pubblico. Caterina l’avvocato, io il suo cliente assolto. Caterina rossa, tra i rovi e l’erba secca, io mora, tra i papaveri e le ginestre. Caterina continente, io isola minore.”

È da quel senso d’insicurezza e quasi di sofferta inferiorità che nasce un bellissimo romanzo in cui trionfano appunto le cose non dette, le meditazioni tacitamente sofferte, i dubbi vissuti con pazienza e costanza.

Quella di Teresa non è l’inferiorità di una sorella che è veramente da meno della sorella maggiore, ma la presunta inferiorità di un’anima costretta dall’amore famigliare a vivere all’ombra dell’altra, costretta in qualche modo a fare da riflesso e da maschera della sorella maggiore. Ma, alla fine, è lei che racconta le vere storie mentre Caterina, che teneva Teresa incantata, le vive con la stessa determinazione di coloro che si sentono qualcuno, di appartenere e di aver diritto a dire la loro e affermare se stessi, mentre i narratori nascenti vacillano nei dubbi prima di spiccare le ali.

Non c’è coro. Non è una storia orale o corale, che appartiene a tutti, ma una singola esperienza, perfetta per un mondo di singoli individui, individui che spesso faticano a conoscere gli stranieri che vivono nella stessa famiglia, ciascuno costretto a farsi la sua strada, costruirsi il proprio curriculum vitae e affermarsi e avere successo alla meglio in un mondo che ormai misura tutto con la precisione di un laser e conta fino all’ultimo centesimo se una persona veramente vale mentre tanti godono privilegi inauditi ed immeritati.

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Incontro dei membri di ParoLab con l’autrice di Isole Minori, Lorenza Pieri (terza da destra)

Il significato d’isole minori diventa quindi ancora più un conflato di emozioni e di “devozioni,” oserei dire, ma devozioni che la nostra era ha ormai codificato in una psicologia che si può racchiudere nel concetto di autosufficienza e di eccessivo individualismo, quello che oggi chiamiamo “entitlement,” che non è più quel senso di devozione di un Cinquecento ormai così lontano, e neanche di un’Italia e di un mondo come quello che si era proiettato nell’immediato dopoguerra quando la sopravvivenza di tutti e della famiglia veniva prima di se stessi.

Il Giglio è l’isola minore in cui si svolge il romanzo, una storia luminosa, narrata con un’abbondanza di suoni e immagini con personaggi che abbracciano ben tre generazioni che vivono ciascuno nel suo modo quattro decenni di storia italiana, un romanzo piacevolissimo che è anche la storia di due sorelle che rispecchiano il percorso che la gioventù italiana ha fatto in quel mezzo secolo scarso che ha così rivoluzionato la fine del ventesimo secolo e fatto da prefazione al ventunesimo e la sua disperata ricerca di soluzioni concrete che non escludano troppi e riescano a conservare un briciolo di senso di comunità e nazione.

L’isola è però anche un riferimento allo spessore umano che si ritrova, nonostante ogni tentativo di vera unione, isolati e appartati come siamo, ognuno diviso da se stesso e dagli altri in un mondo ricco di comunicazioni e di dispositivi per le comunicazioni, eppure un mondo in cui la vera certezza di saper comunicare si affievolisce e si dissipa nel nulla.

Quella, che tu credevi un piccolo punto della terra, fu tutto.” Ci ricorda Elsa Morante nell’Isola di Arturo, osservazione che la Pieri pone come preavviso di una lettura fantastica fatta di una scrittura limpida e chiara. La protagonista e narratrice in prima persona, Teresa, riesce a captare in un bellissimo romanzo uno spaccato della vita italiana attraverso il filtro di una piccola isola con meno di mille abitanti.

Teresa e la sorella maggiore, Caterina, insieme a mamma Elena, padre Vittorio e nonna materna Lina, si ritrovano in vacanza sull’isola del Giglio negli anni settanta quando il proprietario del piccolo albergo decide di andare in pensione e vendere e così dare a Vittorio l’opportunità di fare della vita un’eterna vacanza.

Questa trama, così spontaneamente ma affrettatamente pianificata senza alcun disturbo della fantasia, si arricchisce di piccoli eventi storici quali il confino di Franco Freda e Giovanni Ventura, “i due neofascisti imputati come esecutori della strage di piazza Fontana. Un fatto che oggi nessuno ricorda, che non compare neanche nei dossier più documentati, nelle ricostruzioni cronologiche del processo, nei libri di approfondimento sulle traversie processuali legate all’attentato di Milano del 1969.” E chiude con il disastro della nave da crociera Costa Concordia che sbatte sugli scogli del Giglio il 13 gennaio 2012.

I romanzi sono finzione e null’altro! Eppure, la Pieri ci tiene ad accompagnare alle finzioni la storia vera, di fatti, di processi non felicemente conclusi, di crimini commessi e mai pagati, di soprusi. Ed è così che gentilmente ci accorgiamo dei tempi che cambiano, dei costumi che non sono più quelli di una volta e di valori che cominciano a sfuggirci, e anche se la stessa felicità imperfetta di una volta ci viene sacrificata, non importa perché siamo convinti di vivere una rivoluzione, un cambiamento che non sappiamo dove ci condurrà.

Le vite dei nostri personaggi si svolgono tutte nell’arco di quei quattro decenni e danno uno spaccato di vita italiana filtrata attraverso le esperienze, i disagi, le avventure, i sentimenti di questi cinque personaggi principali e i loro co-isolani.

Sono quattro le donne che popolano il romanzo e tre sono le generazioni sempre meno sicure e meno capaci di gestire la loro esistenza. Nonna Lina, che ha perso tutta la sua famiglia e il marito, riesce a “crescere” da sola la figlia Elena, la Rossa, la più battagliera dei personaggi, in un dopoguerra di fame e di stenti e di difficoltà, in cui però Elena riesce a inserirsi e avere idee chiare della vita e ideali civici ed etici che le generazioni successive, nonostante tutte le opportunità e vantaggi che la vita moderna offre loro, non conosceranno, anzi quei vantaggi non serviranno affatto a rendere la vita meno crudele o meno difficile.

Il Giglio è una piccola isola sulla costa toscana buona per le vacanze ed è il luogo che finisce per essere buono per tutto… la sopravvivenza, l’amore, i legami famigliari, l’apprendimento, gli studi, un tono e un modo di fare e convivere con gli altri, che riesce a staccarsi dalle norme odierne della vita caotica e indifferente delle grandi città.

Le quattro donne sono i veri protagonisti del romanzo perché Vittorio diventa presto una figura enigmatica che alla fine abbandona la famiglia e soffre le conseguenze di una separazione difficile e mal concepita con un’enigmatica dottoressa. S’innamora della dottoressa, Alice, e perde per sempre la sua roccaforte, Elena, donna volitiva e forte.

Le due figlie sono diverse ma riescono ad epitomare la loro generazione. Vi sono allarmisti delle vecchie generazioni preoccupati per le nuove generazioni e per il disastro del mondo che hanno lasciato loro. La preoccupazione nasce dai dubbi che si hanno sul futuro, un futuro che ci appare sempre più incerto ed in cui vi sono poche certezze capaci di rassicurarci e darci un senso di fiducia nell’esperimento che rimane comunque la nostra società.

Il romanzo mi è sembrato possedere una certa “perfezione” che non riuscivo a capire fino a quando la Pieri non ci ha spiegato la natura quasi improvvisata degli eventi. I primi eventi storici così importanti al successo del romanzo sono inevitabilmente parte della storia dei personaggi, anche quelli che fanno una piccola comparsa e si sospettano vittime dell’attentato di Piazza Fontana. Ma quello che chiude il romanzo, la Costa Concordia che sbatte sullo scoglio, quello è una specie di deus ex machina che il caso e le cattive abitudini di alcuni italiani causano. E quindi un romanzo che era rimasto per un breve periodo “imperfetto” si perfeziona da solo!
Forse… possiamo vedere in questo un imprevisto auspicio al nostro futuro… il caso… non sappiamo ancora cosa ci riserva! E forse finché vi sono giovani scrittori come Lorenza Pieri… possiamo ancora sentirci “autorizzati” a sperare che vi sarà un futuro positivo per l’uomo, quell’uomo che, Montale pronosticava, non finirà, anche se dovesse apparire completamente diverso da come siamo noi oggi.

Venerdì 24 giugno 2016