Di Daniela Enriquez – Blog Editor
[Durante un incontro di ParoLab, il club del libro di Italians in DC, la scrittrice e giornalista Camilla Baresani è venuta a trovarci per conoscere il nostro gruppo e parlaci un po’ del suo ultimo libro, Il Sale Rosa dell’Himalaya. A seguito l’intervista alla scrittrice.]
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IDC: Tu sei una scrittrice di romanzi ed una giornalista: come fai coesistere questi due tipi di scrittura e da cosa prendi l’ispirazione per i tuoi romanzi e per i tuoi articoli?
CB: Sono due tipi di scrittura molto diversi perchè quando si scrive un articolo ti danno una misura, uno spazio ed in quella misura tu devi stare, il che è molto frustante per uno scrittore abituato ad essere libero. Un romanzo è la libertà, mentre un articolo è la costrizione. In un romanzo puoi sommare molti dettagli, puoi essere molto più profondo ed anche molto più descrittivo. Scrivere un romanzo è come costruire una casa intera di dieci piani, dalle fondamenta fino al tetto, mentre scrivere un articolo è come arredare un monolocale. Le due cose però si compenetrano perchè hanno in comune l’osservazione della realtà, che è un elemento molto importante. Io la uso sia per i romanzi, sia per scrivere sui giornali. Io prendo sempre molti appunti – anche qui a Washington, D.C. ne sto prendendo tanti – perchè penso che sia una cosa importante sia per un articolo, sia per un romanzo.
IDC: Parlaci un po’ del tuo ultimo libro, Il Sale Rosa dell’Himalaya. Come e’ nato e di cosa parla?
CB: Il mio libro deriva dall’osservazione della realtà: racconta la storia di una ragazza di Milano che subisce una violenza molto grave. È una ragazza in carriera, molto contemporanea che una sera esce di casa per comprare una cosa inutile, del sale rosa dell’Himalaya, ed invece viene sequestrata da due rumeni, vicino alla fermata del metrò. Mentre è sequestrata lei però spera di farcela e sogna come sarà la sua vita quando sarà libera, pensa ale cose che dirà per sfruttare al eglio quest’esperienza tragica che ha vissuto. Invece fuori tutto è molto più grave di quello che credeva: c’è una seconda forma di violenza, quella dei media. Quella delle persone che cominciano a fare delle illazioni sul fatto che lei sia bionda, carina e viva da sola. Nessuno sa perchè lei sia scomparsa: vivendo da sola, passano un po’ di giorni prima che si capisca che è scomparsa, prima di si inizin le ricerche e si capisce che è stata rapita. Nessuno pensa che nel centro di Milano possa succedere una cosa del genere: tutti pensano a tutte le cose possibili, meno quella giusta. Le persone che l’hanno conosciuta, cominiciano ad usare questo caso per apparire, per diventare famose. Sfruttano questa situazione per dire ciò che pensano su Twitter, Instagram, sui giornali, in televisione…
IDC: Come e’ nata la tua passione per il cibo e come si collega alla tua passione per la scrittura?
CB: Quando ho scritto il mio secondo romanzo, il direttore del Sole24Ore, mi ha chiesto di scrivere qualcosa per le pagine culturali del giornali. Io gli ho detto di essere appassionata di cibo & ristoranti e cosí ho iniziato a scrivere delle recensioni sui ristoranti come scrittrice e non come critica gastronomica. Racconto ogni ristorante come un ambiente: descrivo le facce che vedo, le persone che entrano, i quadri alle pareti…non solo il cibo.
IDC: Tu insegni scrittura creativa alla IULM: come si diventa scrittori? La creativita’ si puo’ imparare o e’ un “dono di natura”?
CB: Io penso che se qualcuno decide di diventare scrittore è probabilemnte una persona creativa: il suo sogno è creare delle storie. A questo punto però ci vuole tecnica, un po’ di talento e la storia. Quando insegni scrittura creativa puoi insegnare la tecnica, come trovare la storia giusta, puoi dare ottimi consigli in modo che chi ha talento riesca più facilmente senza doverle scoprire da solo.
IDC: A luglio hai scritto per IlSole24Ore un articolo molto interessante su House of Cards (House of Cards – La televisione e’ la nuova lettura), la serie televisiva che ha spopolato negli States e soprattutto qui a Washington D.C. Cosa pensi di questa nuova modalita’ di programmazione? Gli italiani sono pronti per la televisione “fai da te”?
CB: Io sono entusiasta di House of Cards! Ho visto tutte le puntate della prima e seconda stagione. Sono entusiasta di questa nuova formula di consumo televisivo, paragonabile a quella di un libro. Adesso puoi decidere di “suicidarti” guardando 27 puntate, una dopo l’altra, come succedeva con i libri. Poi mi piace molto la forma del serial televisivo perchè è molto approfondita: si possono approfondire personaggi, motivazioni, dettagli. Io non sono più amante del cinema: trovo il cinema troppo superficiale rispetto alla profondità narrativa della serie televisiva.
IDC: Fai un saluto agli italiani di Washington D.C.?
CB: Certo! Sono pazza per gli italiani di Washington D.C. e per questa città a cui mi sono appassionata proprio grazie a House of Cards!