L’amica Geniale di Elena Ferrante: una tetralogia femminile e femminista

L’amica Geniale di Elena Ferrante:  una tetralogia femminile e femminista

Di Daniela Enriquez

[Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul numero di gennaio-febbraio 2017 di Voce Italiana. La parte in parentesi non è presente nell’articolo originale.]

Quando ho saputo che l’Italian Cultural Society organizzava un evento su L’amica Geniale di Elena Ferrante, uno dei libri ultimamente più discussi sia in Italia sia in America, mi sono subito fiondata in metropolitana per arrivare in tempo all’incontro. C’era qualcosa di questo libro che ancora rimaneva per me oscuro, che non avevo compreso a pieno.

Il format dell’evento era quello dell’intervista reciproca tra le due interlocutrici, Prof. Laura Benedetti della Georgetown University e Anna Lawton, Editrice di New Academia Publishing. Tra i molti argomenti trattati ciò che secondo me è emerso in tutte le discussioni è stato l’aspetto femminile e femminista dei testi.

La trama della storia è abbastanza nota: L’amica Geniale è la storia di un’ amicizia tra due bambine, che crescono fino a diventare donne, mogli e madri condividendo le vicende più importanti delle loro vite. Lo sfondo è la Napoli del dopoguerra – in realtà ben 50 anni di storia: la Napoli povera dei quartieri più disagiati, la Napoli camorrista.

La novità del racconto della Ferrante è già nella trama scelta. Come le due interlocutrici hanno fatto notare, l’amicizia femminile è una novità nella letteratura italiana moderna, ed una rarità in quella internazionale. L’amicizia tra Elena e Lila – le due protagoniste – è una relazione strana, difficile, controversa, fatta di ammirazione ma anche di invidia, di amore – che a volte diventa quasi attrazione erotica – e di repulsione.

Anna Lawton e Laura Benedetti
Anna Lawton e Laura Benedetti

Il punto di vista del lettore è quello di Elena – la protagonista, non la scrittrice! – che narra la storia. Raramente sentiamo la storia dal punto di vista di Lila. Questa predominanza di Elena la ritroviamo anche all’interno della storia: nonostante lei sia la ragazza dalla vita più semplice, con più possibilità pratiche ed economiche, Elena non riesce a contenere la forza e l’esuberanza di Lila. Per poter fare ciò, decide infatti di scrivere una storia, che racconta proprio della sua amica, rompendo il patto fatto con lei in passato di non scrivere mai l’una dell’altra, di non rivelare se stesse al pubblico. Come Anna Lawton ha fatto notare, scrivendo di Lila, Elena riesce a contenere l’amica, a darle finalmente la forma che lei vorrebbe, a vincere questa lotta di una vita.

La figura di Lila porta all’interno della storia un’altro elemento femminile: la scomparsa. La storia inizia e finisce infatti proprio con la sparizione della ragazza. Scomparendo lei riesce finalmente a sottrarsi alle regole a lei imposte dalla società non solo in quanto donna, ma soprattutto in quanto donna proveniente da un determinato strato sociale.

Le due panelist hanno fatto notare che è proprio questa condizione sociale della donna che diventa la protagonista dei quattro libri: Elena e Lila sono donne che lottanto per la loro stessa vita, per cambiarla e per salvarla. Non c’è spazio per le figure maschili – positive o negative – nel racconto: la tetralogia è in questo senso non solo tutta al femminile ma anche “femminista”. È la Ferrante stessa che in un’ intervista definisce le novelle “femministe”.

Ciò che trova spazio invece nella storia – come in molti altri libri della Ferrante – è il concetto di maternità. Dal dibattito è emerso come la Ferrante sia forse l’unica scrittrice italiana a parlare della maternità in termini dissacranti, in modo non ideologico ma biologico. La scrittrice inserisce nelle sue storie concetti come la “puzza” di maternità – che rende le donne non desirabili – e la matrofobia – la paura di diventare come la propria madre, che ritroviamo in Elena e nel suo terrore di diventare zoppa come la madre.

[Laura Benedetti ha fatto notare come altra protagonista nascosta della storia sia la lingua accompagnata dal suo “figlio maschio”, il dialetto. Anche qui la Ferrante è chiara nelle sue intenzioni: l’italiano è la lingua del razioncinio, della cultura e della calma. Il dialetto è la lingua del caos, della ineducazione, della camorra. Quando Elena torna a casa a Napoli, dopo aver vissuto in Toscana, ricomincia subito ad usare il dialetto per “riconnettersi” con il quartiere.]

Bambine, adolescenti, mogli, madri, amanti. Le donne protagoniste di questa tetralogia sono tutto. Un tutto che rischierebbe di diventare niente se smettessero di lottare contro la società e gli uomini. Alla fine dell’evento un solo dubbio è rimasto nella mente di tutti: chi è veramente l’amica geniale? Chi rimane nel proprio “quartiere” ma riesce a trovarsi uno spazio o chi esce e si reinventa? Chi lotta scrivendo o chi lotta vivendo? Chi fugge o chi resta?